Il Secolo- 13th September 2018

Da una parte ci sono i 14,6 miliardi di dollari dell’ottantottesima fortuna secondo Forbes: sono i fratelli inglesi David e Simon Reuben, nati in India, prosperati in Inghilterra dove hanno dato vita a un «impero» su scala mondiale intorno al trading dei metalli. Dal 2016 i fratelli Reuben hanno acquisito quote di Cnis Portosole dal Gruppo Cozzi Parodi e a poco a poco, senza troppi clamori, hanno raggiunto il controllo dei due terzi della società, rilevando anche le quote dei soci minori.

La figura centrale in Italia è Gianluca Petrera, responsabile di Reuben Brothers e «cfo» (direttore delle operazioni finanziare) della stessa Portosole. Da Monaco e dalla Costa Azzurra il gruppo ha adocchiato a Sanremo praterie di sviluppo. Dopo aver messo un piede dentro Portosole, ha completato la scalata e mantenuto il rapporto preferenziale con Cozzi Parodi: «Ha preparato il terreno – spiega Petrera – e ci ha accompagnato fino a oggi. Rimarrà un partner strategico».

Dall’altro lato di una partita a scacchi giocata fra gli specchi acquei matuziani c’è una cordata che, per il momento, è tutta italiana: l’imprenditore locale Walter Lagorio è stato il primo a proporre un «project» molto coraggioso, su disegno del noto architetto sanremese Marco Calvi. Anche dietro di loro, però, ci sono importanti realtà economiche. L’uomo chiave è stato finora Paolo Vitelli, patron del gruppo nautico Azimut-Benetti con sede ad Avigliana, che nel 2018 ha portato il proprio fatturato a 850 milioni di euro (+18 per cento rispetto all’anno precedente).

Sia Petrera che Vitelli ieri erano a Cannes, dove sullo sfondo del Salone nautico hanno continuato a marcarsi con discrezione. Lagorio e Azimut hanno giocato d’anticipo e segnato il passo. Ma dopo la presentazione del progetto di Cnis Portosole le quotazioni della cordata italo-britannica sono in risalita. A fronte di un investimento simile, di circa una quarantina di milioni di euro, alcuni osservatori hanno apprezzato la semplicità progettuale di Cnis, che si accontenterebbe di avere in concessione una parte del molo lungo.

Reuben Brothers-Portosle, tra l’altro, è pronta a dare il via al completamento dell’ecomostro di Portosole, o «rustico» secondo la definizione del cfo Petrera: «Abbiamo pronte le risorse per completare l’albergo, aldilà del brand e gestione, e per innalzare la diga foranea di Portosole. Per quanto riguarda il Porto Vecchio siamo convinti di trovare il significato economico nella trentina di ormeggi per le grandi barche».

Quello che forse dalle parti di Portosole non è ancora noto è che anche Walter Lagorio ha il suo asso nella manica che finora si è tenuto ben stretto. Il fatto è che la cordata potrebbe allungarsi molto presto grazie al subentro di almeno due partner di altissimo profilo, uno italiano e uno estero. Quanto basta, insomma, per sopire ogni dubbio sulla solidità (se mai ce ne fossero stati) e sul know how in campo.

Resta da capire quale ruolo possano giocare gli outsider della famiglia Piras, già detentrice di quote di Cnis Portosole, che deve ancora svelare la sua proposta, la terza in ordine di arrivo.

L’ultima mossa spetterà al Comune, che ha accolto con favore la presentazione, spontanea, di tutte le idee. L’amministrazione Biancheri, come per il Palasport, potrebbe affidare parte della valutazione a consulenti esterni, pur riservandosi la scelta eminentemente politica (e ben ponderata) di decidere il futuro di un pezzo così importante della città. .